Lifestyle

Fashion e lifestyle, il canale digitale diventa strategico

Con la pandemia di coronavirus c’è stato, anche in Italia, il boom del commercio elettronico, ma non tutti i settori dell’economia hanno beneficiato dell’esplosione delle vendite online. Per esempio, il fashion, il lifestyle, ma anche l’arredamento e l’home living non hanno beneficiato di questo boom. Anzi, l’88% di queste aziende ha fatto registrare un calo di fatturato in accordo con quanto è stato riportato dal sito mark-up.it citando i dati dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm-Politecnico di Milano.

Il canale digitale per fashion e lifestyle con la nuova normalità

Eppure, il canale digitale diventerà strategico per fashion, lifestyle ed home living in quanto, sconfitta la pandemia di coronavirus, non si tornerà alla normalità, ovverosia alla vita di un tempo, ma ad una nuova normalità. Per i consumatori e per le aziende, infatti, l’e-commerce sarà un canale ed una risorsa essenziale non solo per gli acquisti, ma pure per l’approvvigionamento e per il lavoro tramite smart working.

In Italia, non a caso, l’orientamento del Governo, per la cosiddetta fase 2 post Covid-19, è quella di incentivare quando possibile il lavoro a distanza. In altre parole lo smart working diventerà per molte imprese la modalità di lavoro prevalente al fine di combattere un nemico invisibile con cui si rischia di dover convivere ancora per qualche anno e comunque prima che si trovi un vaccino testato, sicuro ed efficace.

Con la riapertura dei siti di produzione, e dei punti vendita, infatti, nulla sarà come prima, ragion per cui le imprese dovranno capire, per esempio, che tendenzialmente non si acquisterà più un capo di abbigliamento facendo la fila nel negozio e provandolo nei camerini. Servirà la trasformazione e la migrazione nel digitale in quanto sempre più articoli legati alla moda si acquisteranno rigorosamente via web.

Il commercio online e su sede fisica dopo la pandemia Covid-19

D’altronde, dopo la fine del lockdown per il coronavirus, è vero che in tanti torneranno ad acquistare nei negozi, probabilmente con l’obbligo di mascherina, ma quello della vendita online non sarà più un valore aggiunto da fornire al cliente, ma un canale che sarà in grado di abbattere qualsiasi barriera secondo quello che viene definito come l’unified commerce.

In altre parole, messa finalmente alle spalle la pandemia da Covid-19, le aziende di settori come quelli della moda, dell’home living e del lifestyle dovranno essere capaci di reinventarsi sul mercato proponendo alla potenziale clientela una brand experience non solo originale, ma anche indipendente dal canale utilizzato per l’acquisto. E questo perché dopo il coronavirus i bisogni e le attenzioni di clienti non saranno più quelle di prima. Per esempio, è lecito scommettere che, per il mondo del fashion & lifestyle, ancor più di prima lo smartphone sarà un dispositivo fondamentale, il compagno perfetto per lo shopping.

Il business che ruota attorno al concetto di lifestyle

Attorno al concetto di lifestyle, su scala globale, c’è dietro un business ad alto valore aggiunto per il quale non tutti comprendono quello che è il suo significato più profondo. Specie in Italia, infatti, la parola chiave ‘lifestyle business‘ non è di certo tra le più ricercate, e le pagine che si trovano nelle prime posizioni su Google sono in prevalenza quelle legate al solo settore della moda.

Iniziamo allora col dire che il lifestyle business è il lavoro o quell’attività che è finalizzata a sostenere uno specifico stile di vita. Il lifestyle è importante per tutti in quanto è una forma di equilibrio sostenibile per tutto ciò che si fa nel quotidiano. Per esempio è sbagliato lavorare 20 ore al giorno così come passare l’intera giornata a casa con la famiglia. Il lifestyle risponde a tutto ciò in quanto mira a fornire consigli, soluzioni e prodotti tali che si possa sempre mantenere lo stile di vita che è stato scelto evitando, nello stesso tempo, di andare a sacrificare altri aspetti importanti della propria esistenza.

Rispetto ad altri tipi di business, inoltre, c’è da dire che quella legata al lifestyle è spesso un’attività o un lavoro che è auto-finanziato in quanto l’obiettivo primario è quello di dare supporto ai progetti di vita che si desiderano, e che quindi corrispondono ai propri interessi ed alle proprie passioni anche nel rendere più gradevole il tempo che si passa lavorando.

Per i business con scopo di lucro, invece, al momento ci sono da affrontare e da gestire i danni causati dal lockdown per il coronavirus, dalla perdita di fatturato ai licenziamenti, e passando per i tanti eventi che sono stati spostati o addirittura cancellati. Basti pensare che il fashion e lifestyle coinvolge tante figure e ruoli a partire dall’operaio e passando per i commessi, i fotografi, i modelli, gli stilisti, ed anche giornalisti e influencer.

Nel breve termine, inevitabilmente, ci sarà un rafforzamento di mercato dei players che già operavano solo online, o prevalentemente via web, anche prima della pandemia di Covid-19, mentre i player tradizionali dovranno necessariamente cambiare in maniera radicale il proprio modello di vendita in quanto il canale digitale, per quanto sopra detto ed illustrato, diventerà essenziale, indispensabile e strategico nell’era della nuova normalità, quella dove il distanziamento sociale resterà l’unica arma contro il pericoloso nemico invisibile.

In base alle previsioni più pessimistiche, infatti, il coronavirus, temporaneamente sconfitto, potrebbe di nuovo tornare almeno fino a quando, si spera presto, non si troverà un vaccino tale da immunizzare la popolazione mondiale. E quindi tutte le aziende che riapriranno, e non solo quelle di moda, lifestyle e home living, dovranno sempre avere un piano b, una sorta di leva di emergenza nel caso in cui le cose dovessero di nuovo mettersi male. E questo anche perché, come si è visto in Italia negli ultimi 45 giorni, lo Stato che stanzia aiuti e garanzie sui prestiti risponde con troppo ritardo nelle erogazioni a causa delle lungaggini burocratiche. Da questo punto di vista spiccano i tempi lunghi con cui è stato erogato il bonus 600 euro ai piccoli imprenditori, e la cassa integrazione nonostante l’intervento delle banche pronte a versare gli anticipi.

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